Don DeLillo e il tempo che passa
«Più invecchi più scrivi meglio, in un certo senso, ma in un altro senso più invecchi e più scrivi peggio. Il trucco è morire tra le due cose».
L’altro giorno, 20 novembre, è stato il compleanno di Don DeLillo, uno dei più grandi romanzieri americani contemporanei e di sempre. Nell’occasione, DeLillo ha tagliato il traguardo degli 88 anni.
Sulla scia di questa notizia, sono andato a cercare qualcosa di lui annotato sul vecchio blog; tra le altre cose, è così saltato fuori un post con una citazione di DeLillo sullo scrivere e l’invecchiare, per giunta in due distinte versioni. In entrambi i casi faceva riferimento al discorso pronunciato dallo scrittore il 14 giugno 2008 durante il conferimento del Premio internazionale “Una vita per la letteratura” da parte della giuria del Grinzane Cavour di quell’anno, peraltro alla sua ultima edizione.
In un pezzo intitolato “L’uomo che cade siamo proprio noi”, uscito su «l’Unità» il 15 giugno e successivamente riproposto su «Il primo amore», Silvio Bernelli scriveva:
In chiusura d’incontro DeLillo sorprende la platea con una battuta fulminante sul tempo che passa. Una frase che assomiglia più al DeLillo scrittore che all’uomo pacato, vagamente noioso, che ci siamo trovati davanti. «Più invecchi più scrivi meglio, in un certo senso, ma in un altro senso più invecchi e più scrivi peggio. Il trucco è morire tra le due cose».
In una traduzione leggermente diversa, la battuta in questione era anche in un articolo di Laura Guglielmi per «Il secolo XIX», uscito sempre il 15 giugno 2008 e intitolato “DeLillo e l’innocenza perduta dell’America”. Il tutto sempre nel finale, arricchito di altre notazioni interessanti sulla scrittura di DeLillo:
Il procedere narrativo di DeLillo è lento, meditativo, non si legge tutto d’un fiato, lui stesso procede con tempi lunghi quando produce le sue storie: «Sono stato fortunato. Scrivo con lentezza fin dagli inizi, però sono riuscito lo stesso ad affermarmi. Da giovane vivevo con quattro soldi, come gli scrittori e gli artisti a Parigi negli anni Venti. Sono riuscito a sopravvivere alla mia stessa lentezza». Cammina con calma, sembra non aver mai fretta, che non debba andare da nessuna parte: «Credo di essere uno scrittore di frasi. Il mio desiderio è scrivere frasi interessanti, concentrare sentimenti profondi in una dozzina di parole. Capita in modo misterioso che alcuni aspetti di una vita trovino casa nelle mie frasi. La creazione di un romanzo è inspiegabile, non so da dove vengano fuori le idee. Ad un certo punto si crea una struttura che ha una sua profondità e una sua carica. Invecchiando si diventa uno scrittore migliore, ma invecchiando ancora si peggiora. Il trucco è morire tra la prima e la seconda fase».