Lidia Yuknavitch, “The Chronology of Water”
Caso esemplare di un libro di valore pubblicato all’estero ma che deve aspettare anni prima di incontrare il giusto interesse presso l’editoria italiana
Era inizio gennaio del 2012 e leggevo su cartaceo The Chronology of Water, potente memoir di Lidia Yuknavitch – scrittrice, docente ed editrice dell’Oregon, nata nel 1963 – uscito l’aprile precedente e di cui di recente avevo intercettato ottime recensioni sulla stampa statunitense, tanto che, preso dalla vena scouting del periodo, mi ero fiondato a ordinarlo (in duplice copia, la seconda per la compagna copy, scrittrice in erba, traduttrice, lettrice onnivora e grande amante del mare) e adesso inauguravo l’anno proprio con questa lettura. Per niente deluso, andavo subito a scriverne una scheda, a beneficio di una Alet Edizioni che in quel periodo cominciava però a navigare in brutte acque e da lì a poco avrebbe anzi cessato le pubblicazioni, acquisita da Fandango. Da allora sarebbero passati esattamente dieci anni perché il libro vedesse finalmente un’edizione italiana, da Nottetempo (forse, anche sulla scia delle voci insistenti di un film in corso di realizzazione, l’esordio alla regia dell’attrice di Twilight Kristen Stewart). In quel mentre, sia io sia la compagna avremmo provato a suscitare l’interesse per il bel memoir presso altri editori, ma invano. Capita, pazienza. In ogni caso, l’averne colto subito il pieno valore è motivo di orgoglio e soddisfazione. Sotto, con i soliti minimi ritocchi, la scheda di lettura redatta all’epoca.
Lettura per: Alet Edizioni
Data: 10 gennaio 2012
Lettore: Nazzareno Mataldi
Autore: Lidia Yuknavitch
Titolo: The Chronology of Water
Editore: Hawthorne Books (Portland, Oregon)
Pubblicazione: aprile 2011
Pagine: 310 (comprendendo l’introduzione di Chelsea Chain e l’intervista finale all’autrice da parte della sua editrice Rhonda Hughes)
Genere: nonfiction, memoir
Giudizio
Questo di Lidia Yuknavitch – ex nuotatrice, scrittrice, ricercatrice e docente di scrittura creativa dell’Oregon – è a mio avviso un memoir di elevato valore, per più aspetti, degno perciò di una seria valutazione ai fini di una possibile pubblicazione anche in Italia. Inizi a leggerlo, anche saltando a piè pari i vari blurb di copertina (e non sono da poco, trattandosi di autori di peso come Chuck Palahniuk o David Shields), e dalle prime battute capisci subito che non è la tipica autobiografia: la struttura, il linguaggio, il ritmo delle frasi, le immagini, le metafore – oltre che la storia e, se vogliamo, la stessa foto di copertina – non sono di natura ordinaria, ma denotano un approccio originalissimo, a tratti fortemente sperimentale, come a volersi disinteressare delle convenzioni del genere per procedere semplicemente secondo i parametri che sono (stati) al centro dell’esperienza di vita della narratrice e anche dei suoi interessi di ricercatrice (in estrema sintesi: il corpo femminile, in tutte le sue funzioni; l’acqua; l’arte; la rabbia; la memoria, come e cosa si ricorda). Risultato: una storia e una prosa liquide; un procedere per flash e immagini, per frammenti e ripetizioni, per accumulo progressivo e non lineare di elementi; raccontando tante cose senza il minimo pudore e altre solo accennandole o lasciandole intuire; il tutto inframezzato da acute riflessioni in cui viene fuori la studiosa con il PhD che ha avuto frequentazioni importanti in ambito letterario e artistico (due nomi su tutti: Ken Kesey e Kathy Acker). Alla luce di questo, un memoir più che consigliato, che magari non si lascia leggere di gran volata (ci sono a più riprese scene pesanti – di umiliazioni, abusi e degradazioni, la più dura subito all’inizio – che scuotono il lettore, inducendolo a posare il libro per qualche momento di pausa e riflessione), ma che senz’altro invoglia ad arrivare alla fine e, direi, anche a rileggerlo (una sola lettura probabilmente non basta).
Trama
Come accennato, la trama non segue uno sviluppo lineare; piuttosto, ha un po’ l’andamento delle onde del mare che si frangono sul bagnasciuga, e in questo andirivieni portano via via alla luce nuovi elementi o permettono di approfondirne e chiarirne altri in precedenza appena sfiorati. In particolare, la storia non parte dall’infanzia della narratrice, ma dall’episodio che evidentemente ricorda come il più traumatico e doloroso della sua vita e al quale ritornerà ripetutamente nel corso del libro: poco più che ventenne, il lungo e sofferto parto (in modo naturale) della figlia avuta dal primo marito e mortale in grembo. Qui iniziamo ad apprendere il rapporto speciale della narratrice con l’acqua (a lungo, l’unica cosa capace di darle sollievo e piacere) e anche con le pietre (che ama raccogliere perché «recano la cronologia dell’acqua. Tutte le cose simultaneamente vive e morte nelle tue mani»), nonché a conoscere la sua famiglia altamente disfunzionale. Come si chiarirà progressivamente nei capitoli successivi: una sorella di otto anni più grande di lei e che a diciotto anni andrà via, al college, ma sarà sempre pronta a correre in suo soccorso nei momenti più critici; una madre – agente immobiliare di successo, negli anni dell’infanzia della narratrice – con il trauma alla nascita di una gamba più corta dell’altra di oltre dieci centimetri e in seguito i numerosi interventi chirurgici, dedita all’alcol e soprattutto incapace di proteggere le due figlie dalla rabbia e dai continui maltrattamenti e abusi (anche sessuali, sia pure questi siano solo accennati e lasciati intuire) di un padre architetto, ex soldato in Corea, ex atleta, ex promettente artista (al pari della madre, che in gioventù aveva vinto un premio letterario). Quando Lidia ha quindici anni ed è una forte nuotatrice che aspira alle Olimpiadi, la famiglia si trasferisce dallo stato di Washington a Gainesville, in Florida, per una promozione del padre (in precedenza lavorava in casa), che però imputa la decisione alla volontà di assicurare alla figlia un migliore allenatore di nuoto, di livello nazionale. Lidia non ama la Florida, e meno che mai il padre, il nuovo allenatore e in generale gli uomini (fa eccezione, in questa fase, un talentuoso compagno di scuola artista, gay), ma ciò non le impedisce di continuare a trovare consolazione e a eccellere nel nuoto, con serie possibilità di andare alle Olimpiadi. Finché non giunge la decisione del presidente Jimmy Carter di boicottare l’appuntamento di Mosca, nel 1980, e tutto sfuma. Malgrado la feroce delusione e la china di perdizione in cui Lidia comincia a scivolare (al momento, più che altro una struggente attrazione per le compagne nuotatrici e, come la madre, l’uso di alcol), il nuoto resterà la sua unica via di fuga dalla famiglia: dopo che il padre ha stracciato le offerte di borse di studio per l’attività agonistica di tre prestigiosi college, è infine la madre – nella sua unica forte presa di posizione in difesa della figlia dai soprusi del padre – a firmare le carte che consentono a Lidia di andare alla Texas Tech di Lubbock, con una borsa di studio come nuotatrice. C’è l’inevitabile showdown con il padre, la settimana prima della partenza per il Texas, quindi Lidia può iniziare finalmente la sua nuova vita. Una vita che presto sarà di pressoché totale perdizione: sesso rabbioso e sfrenato (sia con uomini sia con donne, e a un certo punto anche come mezzo di sostentamento), alcol, droghe di ogni tipo. Insomma, esibirà i comportamenti di una «donna lesa» e di una «zombie», come si definisce nel libro. Conseguenze: al secondo anno perde la borsa di studio per il nuoto; al terzo abbandona gli studi; sposa il compagno di università Phillip, artista dotato ma apatico, e per un po’ tirano avanti insieme ad Austin; ha tre aborti prima dei ventuno anni; rimane incinta di Phillip e si trasferisce dalla sorella a Eugene, in Oregon, dove inizia a studiare inglese presso la locale università; Phillip la segue, ma andando a vivere e lavorare in un’altra parte della città; si vedono e considerano ben poco; nasce la figlia morta e anche il loro matrimonio è più che finito. Superato il trauma, Lidia s’immerge negli studi, prendendo le lauree di primo, secondo e terzo livello, con una vocazione spiccata per la scrittura (nel 1988-89 parteciperà al romanzo collaborativo di Ken Kesey, che diventerà il suo primo mentore), e riprende altresì la sua vorticosa vita sessuale (soprattutto con donne, anche con esperienze sadomaso), portando a nuove vette la sua passione per le parole e per i corpi, oltre che per l’acqua. L’interesse per la letteratura “deviante” le fa conoscere la scrittrice Kathy Acker, con cui nuoterà e che eleggerà ad altro suo grande mentore letterario. Al secondo anno della laurea di secondo grado conosce quello che sarà il secondo marito, per undici anni: Devin, aspirante pittore e gran narcisista. Accanto alla vita massimamente disordinata che i due condurranno insieme, con prolungati viaggi anche all’estero (Inghilterra e Francia), Lidia porta avanti con ottimi risultati la sua passione per la scrittura e il corpo femminile, vedendosi pubblicare sia il primo libro di racconti, Her Other Mouths, sia la tesi di laurea, Allegories of Violence. Succede anche una specie di “miracolo”: il racconto “The Chronology of Water” le vale contemporaneamente l’ammissione a un master di scrittura creativa alla Columbia University; un posto d’insegnamento all’Università di San Diego (che accetta, preferendolo al master); un premio di tremila dollari (con cui compra un’auto anziché andare a Parigi); la vittoria del premio Writer’s Exchange, che la porta a New York a conoscere una serie di scrittori da lei scelti e anche a ricevere la proposta per un memoir sul nuoto da parte di Farrar Strauss & Giroux e l’offerta di rappresentanza di un’importante agente, proposte che però è incapace di accettare. Inizia invece l’insegnamento come Visiting Writer alla San Diego State University e una notte le telefona da Parigi l’ex secondo marito, ubriaco, dicendole di essersi innamorato di una donna che le ricorda lei a 23 anni (Lidia di anni ne ha adesso 37). Dopo essersi scolata un’intera bottiglia di whisky, Lidia si ritrova a guidare in autostrada dove, a un’uscita, ha un incidente frontale con un’altra donna, incinta, e finisce (non per la prima volta) in manette e in cella, quindi è chiamata a scontare una pena pulendo le strade insieme a un gruppo di altri detenuti, metà giornata per otto settimane. Nel frattempo, a lezione conosce Andy Mingo, che irrompe nella sua vita come «una star del cinema»: più giovane di lei di dieci anni e già sposato, ma sul punto di divorziare, tra i due nasce presto un amore travolgente, che culmina nel desiderio di avere un figlio insieme e, all’ottavo mese di gravidanza, il matrimonio. Lo “scandalo” della relazione porta al licenziamento dalla San Diego State University, poco prima della nascita del figlio, Miles. C’è però subito una “miracolosa” riassunzione da parte dell’Università di Portland e, così, il ritorno in Oregon, in una fantastica casa tra i boschi trovata da Andy via internet, un vero “rifugio”. Qui le energie si moltiplicheranno (i due, oltre a crescere il figlio, portare avanti i loro lavori e scrivere entrambi a profusione, apriranno insieme una piccola casa editrice, la Chiasmus Press) e, al di là di momenti critici come l’attacco di angina pectoris di Andy, condurranno una vita piena e sostanzialmente felice, tale persino da consentire a Lidia un parziale riavvicinamento con il padre (che, già malato in Florida prima della morte per cancro della madre, finirà i suoi giorni in una struttura assistita in Oregon, non lontano dalla casa di Lidia, divisa a questo punto tra l’essere «una figlia, una ragazza tormentata e lesa» e «una donna, una madre, una scrittrice la cui vita era appena nata»). A fare dappertutto da cornice e, anzi, vero motivo guida: l’amore inesauribile per l’acqua e per il nuoto, evidenziato anche dai titoli scelti per le cinque parti del libro: Holding Breath, Under Blue, The Wet, Resuscitations, The Other Side of Drowning.
Note finali
Libro potentemente allegorico, con gli elementi a tratti di una “favola”, ma mai didascalico né autocompiaciuto. Si presta a molte e variegate analisi, sia per la materia trattata sia per il tipo di scrittura adottato. Anche l’autrice, per la sua storia, la sua filosofia di vita e la sua natura poliedrica, potrebbe costituire un punto di forza in occasione di incontri e presentazioni a eventuali saloni del libro o festival letterari.
L’autrice
Nata a San Francisco nel 1963, Lidia Yuknavitch è scrittrice, docente ed editrice. Tra i suoi libri si segnalano Her Other Mouths (House of Bones Press, 1997), Allegories of Violence (Routledge, 2000), The Chronology of Water (Hawthorne Books, 2011), Dora: A Headcase (Hawthorne Books, 2012), The Small Backs of Children (Harper, 2015), The Book of Joan (Harper, 2017), The Misfit's Manifesto (TED Books, 2017), Verge: Stories (Riverhead Books, 2020), Thrust (Riverhead Books, 2022). In Italia sono usciti Dora. Un caso clinico (Indiana, 2015), Il libro di Joan (Einaudi, 2019), La cronologia dell’acqua (Nottetempo, 2022), Lasciarsi cadere (Nottetempo, 2023, traduzione di The Small Backs of Children), L’impulso (Nottetempo, 2024, traduzione di Thrust).