Più libri e più montagne
Diario di una giornata felice, meno social e più socievole, e nelle orecchie calde parole
Sono le quattro di un freddo mattino di inizio dicembre, quando, sveglio e smanioso da un’ora abbondante, con gesto deciso scosto le coperte, mi avvio in bagno e, come faccio di rado, senza esitazioni metto mano a schiuma da barba e rasoio, nella fretta procurandomi anche un innocuo taglio all’attacco del naso; tampono accuratamente il poco sangue, poi, senza nemmeno fare colazione, questione di minuti e sono vestito e pronto per uscire, prendere lo zaino, montare in macchina e scendere in città.
Che succede? Non è da me essere così mattiniero e mettermi subito in movimento; nel periodo tardo autunnale e invernale, in particolare, al risveglio spesso me la prendo comoda, con gli ultimi lavori in campagna già assolti non vedo nessuna urgenza di tirarmi presto fuori dal letto; e prima di carburare mentalmente e sedermi a lavorare al computer o mettermi a leggere qualcosa di serio, ho altresì bisogno di diversi quarti d’ora per acclimatarmi al nuovo giorno, specie se la sera prima ho fatto tardi, sempre a lavorare al computer oppure a leggere.
Oggi, invece, sono bello carico già molto prima dell’alba, come ultimamente mi capita solo quando mi aspetta un’escursione impegnativa in montagna o un’altrettanta impegnativa giornata di lavori in campagna, specie durante la raccolta delle olive.
Il punto è che, pur avendo avuto la forte tentazione di vestirmi da montanaro, lo zaino che ho con me non è di quelli da trekking; e anche se prima di andare a dormire l’ho preparato per bene, mettendoci pure due paninetti e dei mandarini, in un contenitore di plastica a chiusura ermetica, come faccio in vista di un’escursione, non è in montagna che sono diretto.
Quanto alle olive, qualcosa c’entrano, visto che nello zaino, insieme a un guscio impermeabile per ogni evenienza meteo, ho messo una latta d’olio nuovo da cinque litri, ben incellofanata onde prevenire fuoriuscite a seguito di urti o capitomboli accidentali.
Insomma, è uno zaino bello pesante, come da classico giro in montagna, ma è più da ufficio che da trekking, tanto è vero che dentro ho infilato un tablet e persino delle cuffie da gaming. E anche se passerò in mezzo a delle montagne, scavalcando l’Appennino, non è lì che sto andando ma in città. E che città! Roma.
A Roma con uno zaino da ufficio, ma con dentro una latta d’olio nuovo più un tablet e delle cuffie da gaming: non è un po’ strano? È strano sì, ma nella mia vita è tutto un po’ strano.
Spiegazione, allora: zaino da ufficio con tablet e cuffie da gaming perché sto andando a Più libri più liberi, l’annuale fiera nazionale della piccola e media editoria, e durante il viaggio di andata e ritorno in pullman mi ripropongo di ascoltare – prima volta in assoluto – un audiolibro; latta d’olio nuovo al seguito perché approfitto dell’occasione per soddisfare la richiesta di un amico romano, e con il ricavato, oltre al biglietto del viaggio e il biglietto d’ingresso in fiera, conto di pagare alcuni dei libri che inevitabilmente riporterò a casa (ho in programma di non eccedere, cercando di non spendere in libri più di quanto quest’anno ho fatto pagare una latta d’olio nuovo da cinque litri, ovvero 65 euro, ma so già che supererò di gran lunga la cifra suddetta).
Calma, però: prima di dire che sto andando a Roma a Più libri più liberi, e al contempo consegnare una latta d’olio nuovo a un amico, per cominciare devo prendere il pullman che mi ci porterà, quindi meglio che mi sbrighi a scendere in città, la mia città (Ascoli Piceno), dove alle 5.35 è previsto il passaggio della corriera in questione, da qui il motivo della levataccia e dell’inquieto sonno notturno, ansioso come sono ogni volta che devo andare da qualche parte.
In ogni caso, per le 5 e qualcosa sono già in Ascoli, trovo facilmente parcheggio e ci scappa pure un comodo cappuccino-e-cornetto al bar della stazione, ci saranno anzi da aspettare ancora una decina di minuti prima che arrivi il pullman. Salito sul quale, in uno dei posti davanti (come da prenotazione fatta per tempo – anche qui, diversamente dal mio solito), aggancio lo spinotto delle cuffie da gaming al cellulare e per la prima volta in assoluto mi metto placidamente all’ascolto di un audiolibro.
L’ho scaricato giusto due sere fa, insieme alla relativa app, su ispirazione improvvisa e approfittando di un’offerta vantaggiosissima. Autrice e narratrice la nordirlandese Kerri ní Dochartaigh, di cui sempre fino all’altra sera non sapevo niente; titolo del libro, Cacophony of Bone, del 2023, un memoir anomalo, come il precedente Thin Places, del 2021 (quest’ultimo presto in arrivo in cartaceo, preso sempre d’impulso).
Confessione: non seguo tutta la narrazione per filo e per segno, ma sono talmente ammaliato dalla voce dell’autrice/narratrice – e anche non poco infastidito dal chiacchiericcio continuo al telefono della vicina di posto – che, ora a occhi chiusi ora gettando uno sguardo al paesaggio tra montagne ancora immerse nel buio, non staccherò le cuffie fino all’arrivo all’autostazione Tiburtina, senza nemmeno scendere alla sosta a metà tragitto, poco passato Antrodoco, all’albeggiare.
Il tempo di avvisare via WhatsApp il fidato amico U. di un probabile quarto d’ora di ritardo (le 9, anziché le 8.45), e quasi senza accorgermene siamo già a Roma.
Consegnata dunque l’ambita latta d’olio nuovo (anche l’ultima disponibile, per quest’anno) e scambiate due chiacchiere con il sempre affabile U. fino all’ingresso della stazione, manco fossi un adolescente rimetto con nonchalance le cuffie da gaming alle orecchie e faccio ripartire l’ascolto dell’audiolibro, assentandomi dalla folla intorno a me sulla metro e poi all’uscita da questa, alla fermata di Eur Fermi, tra il folto gruppo di persone che si dirige verso la Nuvola di Fuksas, dove da una decina d’anni a inizio dicembre si svolge Più libri più liberi (in precedenza, dal 2002, ospitata nel vicino e più ristretto – ma forse pure più accogliente – Palazzo dei Congressi).
Ho perso il conto di quanti anni non ci metto piede: di sicuro da prima del Covid-19; forse dal 2018, visto che poi si sono ingarbugliate un mucchio di cose nella mia vita (e non solo la mia, purtroppo), da non avere più il tempo e soprattutto l’umore giusto per partecipare con disinvoltura a fiere e saloni e festival dell’editoria. In questo finale di 2024, invece, e a dispetto del molto che ancora non va, mi sembra di star infine ritrovando parte dello spirito arrembante e propositivo che mi aveva caratterizzato per lunghi tratti degli anni Zero e più sporadicamente nel decennio successivo, per affossarsi poi in seguito.
Certo è che nell’ultimo paio di lustri è cambiato moltissimo, e non proprio in positivo, tanto da subirne qua e là i pesanti contraccolpi; ma allo stesso tempo non tutto il buono precedente è andato perso, così come non tutto il nuovo è venuto a nuocere. Quella presente è di fatto una nuova età e bisognerà affrontarla partendo proprio da questo presupposto: senza disprezzare il buono del passato, toccherà mettere in campo un approccio alle cose – e alla vita in generale – ampiamente rivisto.
È dunque con quest’animo che sono di nuovo alla Nuvola e a Più libri più liberi, dopo anni d’assenza: non voglio ricalcare le esperienze passate, ovvero voglio godermi questa visita in giornata senza un carico di persone da incontrare, editor ed editori da abbordare e possibilmente incuriosire, né tantomeno eventi da seguire. Insomma, non c’è nulla di programmato (vero è che non ho nemmeno preso il biglietto in anticipo), così come non c’è nulla di escluso in partenza: improvviserò al massimo, seppur entro dei chiari limiti prestabiliti. E quando faccio così, di solito non sbaglio più di tanto.
Come è poi andata veramente? Non mi dilungherò a dettagliare quel che ho fatto in concreto dentro la Nuvola né quali libri ho preso: mi sono limitato a girare in lungo e in largo tra gli stand, percorrendo un corridoio dopo l’altro, dall’inizio alla fine; ora gettando uno sguardo distratto a nomi e copertine ora fermandomi a curiosare per bene tra le proposte; ora rimandando l’eventuale acquisto di un libro a un secondo passaggio (evitato) ora comprando d’impulso più di un volume da un unico stand, senza disdegnare due parole con le persone dietro i banconi. E per niente previste, anche chiacchiere più approfondite con persone con cui dal vivo non interagivo da quasi vent’anni, qui piacevolmente rincontrate per pura coincidenza.
Fatto sta, le poche ore dentro la Nuvola sono trascorse in un clima appagante: in mezzo ai libri sono nel mio ambiente, mi districo bene, c’è poco da dire. E all’uscita, alle 16, sulle spalle uno zaino di nuovo ben carico e a tracolla una borsa di tela supplementare non meno piena, rimesse con disinvoltura alle orecchie le cuffie da gaming e fatto ripartire l’ascolto dell’audiolibro del mattino, via con animo leggero e soddisfatto verso la stazione Tiburtina, quindi di nuovo in pullman sulla Salaria, salendo e ridiscendo l’Appennino, sempre con la bella voce di Kerri ní Dochartaigh a tenere compagnia.
E poi, a chiudere in bellezza una giornata cominciata prestissimo e vissuta tra molti cambi di scena, ripresa la macchina di corsa verso l’annuale cena sociale con l’allegra brigata del CAI Ascoli, a pochi chilometri da casa.
Perché i libri saranno anche il mio mondo, non meno della campagna e degli olivi in particolare, ma la felicità che ho riprovato da quando lo scorso anno ho ripreso ad andare con frequenza in montagna e anche a intessere nuovi rapporti d’amicizia è qualcosa di impareggiabile.
E se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è questa: non rinunciare (più) a nulla di ciò che in piccola o grande misura sappia rendere davvero felici.