Tra il vecchio e il nuovo
Letture e appunti al passaggio dal 2024 al 2025, con spunti utili per future avventure, a compensare un lungo tuffo retrospettivo nel passato. Più una nota finale.
Spinto da diverse circostanze, nei primi giorni di questo gennaio 2025 poco alla volta ho raccolto in un unico lungo post una serie di citazioni e pensieri che nel tempo sono andato appuntando nei vari spazi che ho avuto sul web: il tutto avente genericamente per tema la condizione di chi è nato a cavallo tra anni Sessanta e Settanta e dunque è stato adolescente negli anni Ottanta. Questo per rispondere a un mio bisogno di mettere un po’ meglio a fuoco le vicende della cosiddetta “generazione X”, o se non altro del suo primo scaglione, quello in cui per convenzione rientro, essendo nato nel 1966. Data la lunghezza dei testi raccolti, ho deciso di non proporli in una newsletter, ma di renderli semplicemente accessibili via web: basta cliccare qui sotto.
In questa specifica newsletter mi piace invece accennare a tre libri.
1) Il primo è l’ultimo che ho letto nel 2024: Il figlio di Forrest Gump di Angelo Ferracuti, (Mondadori, 2004, pp. 228, € 18.50).
In copertina porta la dicitura di “romanzo”, ma è chiaramente un memoir: il “figlio” del titolo è l’autore stesso, che nell’adolescenza e la prima giovinezza vive la ribollente stagione delle battaglie politiche degli anni Settanta; il “Forrest Gump” è suo padre Mario Ferracuti, longevo maratoneta e ultramaratoneta fermano che, in precedenza sedentario, inizia a correre dopo i quarant’anni, scampato a un cancro alla parotide, facendo delle gare podistiche estreme una passione totalizzante che lo porterà a girare mezza Europa, inanellando un’impresa epica dopo l’altra. Il rapporto tra i due rimarrà però sempre minato da un clima di ostilità, indifferenza e incomprensione.
A fare da sfondo le Marche meridionali di quegli anni, nella fase di passaggio da un mondo ancora molto tradizionalista – saldamente cattolico e per tanti versi ottuso, nonché segnato dal dominio incontrastato della Democrazia Cristiana nella vita politica e amministrativa locale – al mondo alacre e dagli appetiti voraci dei “metalmezzadri” e delle piccole imprese a gestione familiare del neonato distretto calzaturiero; e come contraltare a tutto ciò, il nuovo fenomeno del ribellismo giovanile.
L’ho trovato un libro scritto benissimo, in pari misura tenero e dolente, delicato e feroce, personale e collettivo, a conti fatti struggente. Indicato soprattutto se siete nati negli anni Sessanta o giù di lì, in particolare nelle Marche sporche e dintorni, e più ancora se siete interessati a un discorso genitori-figli, a un raffronto tra generazioni, nonché al com’eravamo e al come siamo diventati. Spero venga candidato al premio Strega 2025. Voto: **** e ½.
Tre frammenti:
Il Parkinson l’aveva già aggredita, rallentata: peggiorava giorno dopo giorno, eppure aveva avuto la sfrontatezza di chiedere a quel dottore burbero e scherzoso: “Posso migliorare?” Secondo lei posso tornare normale come prima?” Il poveretto non sapeva cosa rispondere, ma al paziente bisogna sempre dire la verità, o una mezza bugia, così le rispose che ogni tanto qualche miracolo avviene, una buona cristiana dovrebbe saperlo, dovrebbe sperarlo, come prima no, non so se potrebbe migliorare, sarebbe già una buona cosa se non peggiorasse. A lei la risposta non piacque. Non disse niente ma si spense nel viso, divenne malinconica, di quella malinconia che l’aveva posseduta per tutta la vita e che forse è anche la mia. La riconosco: è un sentimento persistente che accende le emozioni, che agita commozione e scatena i brividi sotto pelle, che anche la rabbia te la fa sentire più forte, soprattutto quando hai subito un’ingiustizia, non puoi ribellarti e sei costretto a soccombere e tacere. Quella malinconia che tempesta i giorni.1
Già all’inizio degli anni Settanta il mondo sacro era finito anche nelle Marche papaline, la funzione era diventata finzione, durante le messe si assisteva a una recita, non più a una sacra rappresentazione. Gli ipocriti pregavano per conformismo, per paura, pregavano per sentirsi buoni. Soprattutto per sentirsi buoni.2
La cattiveria è la componente più feroce della nostra natura, quella che più temiamo, che teniamo nascosta, che non vogliamo riconoscere, quella che in tutte le piccole città è prodotta dal vivere ravvicinati e dalla ripetizione, dall’ipocrisia quotidiana, dal malinteso perpetrato con malizia.3
2) Il secondo libro è il primo che invece ho finito di leggere nel 2025, sempre un memoir – nello specifico, per frammenti – ma in inglese: The Part That Burns di
(Split/Lip Press, 2021).Ci sono arrivato proprio tramite Substack, grazie a una nota che mi ha incuriosito; e dopo averne letto l’estratto gratuito per l’app Kindle, ho deciso di scaricarlo per intero, al costo di 9,97 euro.
Il tema – la risposta alle molestie sessuali subite da piccola a opera di un patrigno e al successivo sballottamento continuo da una realtà familiare all’altra, fino alla maggiore età, per poi passare alla creazione di una propria famiglia – e la qualità della scrittura erano inizialmente accattivanti, c’erano le premesse per un testo potente sulla falsariga di La cronologia dell’acqua di Lidia Yuknavitch.
Proseguendo nella lettura purtroppo mi sono dovuto un po’ ricredere nel giudizio molto positivo espresso di primo acchito su Facebook:
In Italia siamo ~ fortunati rispetto agli Stati Uniti: salvo casi isolati, gli stessi che poi assurgono agli onori della cronaca, le storie familiari di rado assumono contorni davvero drammatici, specie in tema di abusi, maltrattamenti, abbandoni ecc. nei confronti dei minori. Per contro, trovo che negli Stati Uniti ci sia una capacità di raccontare le ricorrenti storie di famiglie altamente disfunzionali molto superiore che da noi. Per meglio dire, negli Usa, oltre a una maggiore propensione a raccontare le vicende e i traumi familiari, non sono affatto rari i casi di persone con un vissuto più che travagliato ma allo stesso tempo capaci di una scrittura di alto livello nonché di grande impatto emotivo. Un ultimo esempio significativo in cui mi sono imbattuto: Jeannine Ouellette, autrice del memoir The Part That Burns.
Insomma, dopo una prima parte convincente, le successive mi hanno persuaso meno: qualcuna ha continuato a piacermi, altre così così. Il motivo per cui in una nota su Substack ho sintetizzato: «Mettendomi nei panni di uno che redige schede di lettura o fa pervenire segnalazioni a case editrici, non parlerei di un libro da prendere in esame per presentarlo in traduzione anche a un pubblico italiano. Oggettivamente, mi aspettavo qualcosina di più. Come giudizio complessivo, direi *** e ½».
Nelle pagine finali c’è però una pregevole considerazione sui giorni tra il vecchio e il nuovo anno che merita di essere riportata anche qui:
Perhaps the turning of the year is always as much a burial as a birth, a marked page more than a blank one. English novelist Graham Greene wrote of the winter holidays, “[W]e require a season when we can regret all the flaws in our human relationships: it is the feast of failure, sad but consoling.” Still, next time one year gives way to the next, I’ll put my feet on the floor and look forward and say, I’m alive! If I were the resolution-making type, I’d resolve to love harder. I’d wish that for all of us: to love more ferociously, this bruised up planet and each other, to love with our muscles and our bones and our spectacular teeth, our eyelashes and our precise, unmistakable skin—inscribed as it is with the scars and abrasions of where we’ve been. We can love loudly with our voices, too, singing and humming and hissing into the ether from within these strange and temporary shells that hold us.4
3) Il terzo libro che mi piace segnalare, sempre in inglese e scoperto di nuovo tramite Substack, è Second Act: What Late Bloomers Can Tell You About Success and Reinventing Your Life di
(Hachette, 2024).Al momento ho letto solo l’estratto gratuito per Kindle, ma ci sono le premesse perché appena riavrò maggiore tempo libero (ora devo concentrarmi nella traduzione di un saggio con consegna a metà febbraio. Lo stesso motivo per cui fino ad allora posterò molto meno) vorrò assaporarlo tutto.
Come dice il titolo, è un testo indicato in particolare per chi, non più giovanissimo, avverte un bisogno di lanciarsi in nuove esperienze, fino magari a reiventare radicalmente la propria vita, ma è per così dire scoraggiato dal pensiero dell’età. Questo libro lo farà ricredere: racconta la vita di personaggi famosi che sono arrivati ad esprimere le loro vere potenzialità un po’ a scoppio ritardato, e seguendo percorsi non proprio lineari, rispetto ad altri individui molto più precoci e con le idee chiare sin da subito.
Sono tutte vite nelle quali, come evidenzia Oliver nell’introduzione, in linea di massima si possono individuare due fasi: una prima, che potremmo dire esplorativa, dall’andamento spesso molto tortuoso e ondivago, talora anche con diversi passi falsi; e una seconda di piena realizzazione di sé, con la messa a frutto delle varie esperienze precedenti. Detto in inglese, una prima fase di “explore” e una seconda di “exploit”.
Ciò che rende possibile il passaggio dall’una all’altra fase è lo “switch”, cioè lo scatto nella propria vita di una sorta di interruttore; scatto a cui possono concorrere vari fattori, ma in particolare le reti di relazioni e, tra queste, in primo luogo i “legami deboli”, ovvero l’incontro con persone capaci di cambiare la vostra prospettiva, a patto che siano credibili, convincenti e non ultimo influenti.
La prima figura emblematica di “late-bloomer” presentata nel volume è Katharine Graham (1917-2001), la prima donna a dirigere la casa editrice di un importante quotidiano americano, il «Washington Post», che apparteneva alla famiglia. Graham assunse questo ruolo quando aveva già 46 anni, dopo un evento tragico: il suicidio del marito, il suo momento di “switch”. Fino a quel momento non aveva ricoperto nessun incarico manageriale, tanto che molti si aspettavano che accettasse il consiglio di cedere la casa editrice. Mantenne invece la proprietà dell’azienda e, esibendo doti prima di allora insospettate ai più, in particolare un intuito e una determinazione unici, rimase al timone del «Washington Post» per oltre vent’anni, guidandolo nel periodo di maggiore fama, quello legato alla copertura dello scandalo Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon.
Alcune delle altre storie di reinvenzione esaminate nel libro riguardano personaggi come Penelope Fitzgerald, Samuel Johnson, Frank Lloyd-Wright, Julia Child e Malcolm X, tutti altrettanti “late-bloomers”. C’è spazio anche per Michelangelo, che dipinse il “Giudizio universale” quando aveva già sessant’anni.
Che il 2025 sia o meno il vostro auspicato anno dello “switch”, a tutti l’augurio di un buon prosieguo di gennaio, possibilmente ricco di letture appassionanti e, perché no?, fonte di ispirazione.
PS Una nota finale su un progetto amatoriale che, in parallelo a «Le didascalie», sto provando a portare avanti sempre su Substack: si chiama «Scritture» e si configura come uno spazio collettivo, aperto dunque a contributi esterni, dove io mi riservo il ruolo di coordinatore.
A parte curare l’aspetto grafico del blog e impaginare, rivedere e pubblicare i testi, personalmente finora mi solo limitato a riproporre alcune vecchie traduzioni, anche se più avanti conto di metterne qualcuna nuova.
Per contro, se il progetto pian piano sta prendendo forma e cominciando pure a riscuotere consensi, il grande merito va riconosciuto a due persone che ci hanno creduto fin da subito e che ringrazio di cuore:
e .Franca con alcuni toccanti scritti personali, dall’incipit di un memoir all’attuale racconto a tappe del suo Cammino di Santiago, in estate, giunto alla seconda puntata.
Alessandra con eccellenti traduzioni di giornalismo narrativo o d’inchiesta, l’ultima delle quali riproposta anche dal settimanale «Internazionale», sul suo sito.
L’auspicio è che possano esserci altre persone, sull’esempio di Franca e Alessandra, pronte a dare un loro prezioso contributo – con testi propri o in traduzione – per il buon proseguimento del progetto amatoriale di «Scritture».
Per i dettagli su come collaborare, rimando alla pagina delle informazioni.
Angelo Ferracuti, Il figlio di Forrest Gump, Mondadori, Milano 2004, pp. 34-35.
Ivi, pp. 43-44.
Ivi, p. 53.
Jeannine Oullette, The Part That Burns, Split/Lip Press, Ralston, NE, 2021. Dall’edizione ebook per Kindle.